Il nostro canto

Dal giorno della Professione Solenne, ogni Monaca è investita dalla Madre Chiesa del compito di intercedere, con il canto della lode divina, per Cristo presso il Padre, nello Spirito Santo, per la salvezza del mondo intero. Per questo ogni giorno, dal Mattutino alla Compieta, la nostra liturgia si svolge sempre interamente in canto.

Il canto liturgico, infatti, ed in particolare quello dell’Ufficio divino, è, secondo una bella espressione di dom Prosper Guéranger, abate di Solesmes, “l’espressione naturale dei desideri e dei pianti stessi della Sposa di Cristo”: sulle labbra della schiera delle vergini, che attendono con ardente desiderio il ritorno del loro Signore, non possono non risuonare la lode e la supplica a Dio a nome di tutta l’umanità nel modo più dolce, intenso ed efficace possibile.

Nelle celebrazioni principali di ogni giornata (S. Messa, Lodi mattutine e Vespri) e nelle ricorrenze più solenni dell’Anno Liturgico (Vigilie delle solennità principali del Signore, Sacro Triduo Pasquale, etc.), il primo e principale posto è sempre riservato al canto gregoriano. Questo canto, che la Chiesa custodisce gelosamente e trasmette come “il canto proprio della chiesa romana” (cfr. Cost. Sacrosantum Concilium, n. 116), è da secoli, incontestabilmente, “latore efficace del più genuino messaggio spirituale cristiano” (p. A. Zorzi, S.M.).

Tuttavia, la nostra comunità ha desiderato, fin dagli inizi della sua fondazione, accogliere e valorizzare tutto quanto di buono e di spiritualmente fecondo offre il ricco e variegato panorama della musica sacra. All’interno delle nostre celebrazioni trovano quindi spazio anche composizioni più recenti, monodiche e polifoniche, composte ex novo o da noi arrangiate che, cercando di mantenersi sempre nell’atmosfera spirituale delle monodie gregoriane, si ispirano ora all’innodia polifonica bizantina, ora all’esperienza della polifonia classica rinascimentale, ora alle prime composizioni di organa medievali, ora ai canti della tradizione popolare (soprattutto per le feste del Natale e della Madre di Dio).

Che cos’è il canto gregoriano?

Il canto gregoriano è la preghiera cantata ufficiale della liturgia romana in lingua latina. Tra tutte le esperienze di canto sacro che la Chiesa ha vissuto al suo interno in duemila anni di storia, il canto gregoriano è la più santa, la più casta, la più universale: nessun altro canto è capace di toccare i cuori elevandoli alle realtà soprannaturali ed indirizzandoli totalmente a Dio, ed allo stesso tempo stimolandoli a raccogliersi in se stessi in silenzio di adorazione, come sono capaci di farlo le melodie gregoriane. Nessun altro canto è libero dalla ricerca di un effetto sensibile, dalla ricerca dell’applauso e del piacere, come lo sono i canti gregoriani. Nessun altro canto è capace di parlare ugualmente ad ogni lingua e popolo, indipendentemente dalla formazione o dalla cultura di chi ascolta, come queste melodie sono capaci di fare. La loro bontà, la loro castità e la loro universalità sono la causa della loro immortale bellezza e fecondità spirituale.
Come la Sacra Scrittura, alla quale i testi dei brani attingono direttamente o alla quale comunque costantemente si ispirano, il canto gregoriano è opera di Dio ( opus Dei) ed opera dell’uomo; in questi canti, la voce dello Spirito Santo si serve di mezzi umani (la lingua latina e le melodie che la rivestono) per rendere accessibile al cuore umano realtà altrimenti inesprimibili.

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Tracce di storia

L’origine del canto gregoriano si può collocare storicamente nei secoli della rinascenza carolingia (VIII-IX sec.). La tesi oggi maggiormente accreditata sostiene che esso sarebbe stato il frutto dell’intesa tra papato e potere politico per garantire alle regioni del neonato Sacro Romano Impero un’unità religiosa e liturgica, oltre che politica. Musicalmente, però, le radici del canto gregoriano si perdono nell’esperienza di fede del popolo di Dio. I compositori gregoriani medievali, senza dubbio ispirati dallo Spirito, riuscirono creare un repertorio di canti diversificati nelle forme e nelle strutture melodiche, realizzando una sintesi geniale e coerente che, come sempre accade nella vera arte, ha saputo armonizzare nova et vetera, innovando la tradizione senza sopprimerla, ma piuttosto facendola fiorire. Nei secoli seguenti, soprattutto dal XII secolo in poi, anche grazie all’autorevolezza legata a papa San Gregorio Magno, sotto la cui egida si pose il nuovo repertorio, benché egli non avesse ovviamente avuto parte alcuna in merito alla sua creazione, ci si limitò ad imitare le melodie originali, creandone copie musicali con testi adattati alle diverse circostanze liturgiche che via via si venivano a creare.
A partire dal 1300 circa, l’avvento del mensuralismo prima (cioè del ritmo musicale basato su valori fissati, matematicamente misurabili) e la nascita della polifonia e le nuove forme musicali del quattro-cinquecento poi, manifestarono la loro influenza sulle melodie gregoriane, che iniziarono a subire progressive modificazioni per adattarsi ai costumi del tempo. La forza spirituale ed espressiva delle linee melodiche originarie si trovò così ad essere smorzata fino al punto da risultare irriconoscibile nei libri liturgici in uso nei secoli XVI e XVII. Come un antico affresco, sepolto sotto agli strati di intonaco dei secoli successivi, esse rimasero silenti, custodite dai manoscritti antichi, in attesa di essere un giorno riportate alla luce.
Quel giorno giunse, infine, nei primi decenni del XIX secolo, quando, per intuizione dell’abate dom Prosper Guéranger, i monaci benedettini della rinata abbazia francese di Solesmes iniziarono una paziente e meticolosa opera di restaurazione liturgica e musicale delle melodie gregoriane, col preciso scopo di riportare al suo primitivo splendore il canto sacro della Chiesa romana. Il loro lavoro, tutt’oggi alacre, si è concretizzato nel secolo scorso con la fondazione delle moderne scienze gregoriane (paleografia gregoriana, semiologia gregoriana, etc.) e nella pubblicazione dei nuovi libri liturgici, in particolare, tra gli altri, dell’Antiphonale monasticum (1934), del Liber Hymnarius (1983, recentemente riedito ed aggiornato) e del Graduale Triplex (1979). La Chiesa stessa, con materna autorevolezza (cfr. Costit. Conc. Sacrosanctum Concilium n. 117), ha incoraggiato il proseguimento degli studi specifici per giungere alla pubblicazione di edizioni di canto gregoriano sempre più in grado di riportare alla luce la gregoriana veritas. In questo solco ci siamo inserite anche noi, assieme ai confratelli dell’abbazia di Praglia, con i quali abbiamo collaborato per la pubblicazione, del nuovo Antiphonale monasticum secondo la disposizione salmica dello schema B. (Vedi il video sotto)
L’accoglienza sempre più calorosa ed interessata che raccolgono gli studi e le pubblicazioni gregoriane è la testimonianza più eloquente dell’intramontabile ed ineguagliabile fecondità spirituale e della bellezza artistica di questi capolavori.

Ricchezza spirituale delle melodie gregoriane

Nel cosiddetto “repertorio gregoriano” contenuto nei libri di canto oggi disponibili, si trovano accostati canti molto antichi, le cui strutture melodiche si possono far risalire ai primissimi secoli dell’era cristiana o forse anche più indietro nel tempo, e canti relativamente recenti, composti non oltre due secoli fa. Pur riconoscendo alle melodie più antiche (il cosiddetto fondo autentico gregoriano) una indubbia qualità superiore, non si può negare che anche canti molto più recenti, come ad esempio la sequenza Lauda Sion del Corpus Domini, le grandi antifone mariane della Compieta (Salve Regina, Regina cæli etc.) e tanti altri, possiedano una forza espressiva e un fascino straordinari.
Ad un primo approccio, il canto gregoriano può colpire per il carattere ‘esotico’ delle linee melodiche, per il suo sapore antico legato alla lingua latina o semplicemente per il suo essere un prodotto di nicchia, fuori dall’ordinario mercato della musica in circolazione, ma a chi ha la pazienza e l’umiltà di perseverare nel frequentarlo, superando le impressioni superficiali, esso rivela la sua vera ricchezza, la sua vera bellezza, che sono fondamentalmente di natura spirituale.
La causa di tale inesauribile vitalità risiede in almeno tre aspetti che il canto gregoriano “sia antico che nuovo” possiede in misura eccellente, rispetto agli altri generi di musica sacra:

  1. L’aderenza alla Sacra Scrittura

Tutti i canti gregoriani traggono il loro testo dalla Sacra Scrittura, oppure ad essa riconducono esplicitamente, e in essi il testo non perde mai la preminenza rispetto alla musica. In questi canti, la melodia fa per così dire fiorire l’intrinseca musicalità del testo, e laddove arriva a sganciarsi dalla lettera (ad esempio nei lunghi passaggi melismatici) essa non fa altro che aprire una parentesi contemplativa sul testo stesso, che ne è stata la prima sorgente. Spesso la melodia non si limita solo a sottolineare un’espressione o un vocabolo, ma conduce quasi per mano cantori e uditori al senso profondo, inesprimibile ma assolutamente reale, del testo, come in un percorso di vera e propria lectio divina in canto. Si può dire perciò che le monodie gregoriane esprimano in musica il pensiero esegetico ufficiale della Chiesa.

  2. Il rapporto con Dio richiesto al cantore

Il fatto che il canto gregoriano sia un canto monodico (cioè ad una sola voce), fa sì che ogni cantore sia anzitutto portato a concentrare la propria attenzione sulla melodia “in senso orizzontale”, cioè non preoccupandosi tanto della sua voce rispetto alle altre parti, quanto della sua voce rispetto al suo unico fine, cioè a Dio. Infatti, sia che canti un solista, sia che canti la schola, sia che canti il coro intero, è sempre una sola voce che si indirizza al Padre nella lode o nella supplica. Il cantore sa che, qualsiasi sia il suo ruolo a seconda del canto eseguito, egli deve rendere conto a Dio della sua voce, è a Lui che si sta rivolgendo, o assieme ai suoi fratelli – e quindi formando con loro un cuor solo e una voce sola – oppure in nome loro, facendosi porta-voce della sua comunità e dell’umanità intera. Rispetto ad altri canti, quindi, dove l’interazione solista-coro, coristi-direttore, coristi-strumentisti etc. tende a distogliere i cantori dall’attenzione al Solo per il Quale si sta cantando, il canto gregoriano risulta un canto totalmente orientato a Dio, e quindi per eccellenza canto che si fa preghiera e il cui ascolto invita ad entrare in un clima di preghiera.

  3. Il rispetto dell’azione liturgica

Nel canto gregoriano, ad ogni momento dell’azione liturgica corrisponde una particolare forma musicale che ne esalta al massimo la specificità: i canti lunghi e melismatici, come i graduali o i responsori prolissi del mattutino, ad esempio, sono riservati solamente ai momenti meditativi della liturgia, quando l’assemblea è seduta ad ascoltare, ed hanno la funzione di aiutarla ad interiorizzare la Parola appena proclamata, mentre le processioni sono scandite da canti sillabici e melodicamente più semplici come gli inni, che possono essere cantati da tutti, e così via. A seconda del momento liturgico, quindi, il canto gregoriano richiede che siano diverse le figure che si succedono nel servizio del canto, ciascuna perfettamente obbediente al suo ministero nell’umiltà e nella verità, consapevole del proprio servizio nel e per il popolo di Dio. Lungi dal creare un ambiente elitario a cui solo pochi possono accedere, quindi, il canto gregoriano è un sapiente mistagogo che educa l’assemblea nel suo insieme al senso del sacro e della sinodalità, generando una cooperazione sinfonica ed ordinata affinché tutto si svolga con ordine e decoro, soli Deo gloria.
Gli aspetti che abbiamo brevemente descritto, assieme ad altri che si potrebbero citare, come l’utilizzo della lingua latina, l’assenza di accompagnamento strumentale ed altri ancora, fanno del canto gregoriano una fonte sicura di spiritualità genuina, che mette l’orante in tutta umiltà davanti al suo Signore, sia come singolo che come membro di una comunità di fratelli, lo radica nella Parola di Dio e gli insegna a pregare all’interno di una famiglia e alla scuola di una Madre, la Chiesa, che con la sua Liturgia scandisce e redime il tempo dell’uomo.

Ascolta il nostro canto

Tra le tracce da ascoltare, proponiamo:Canto natalizio Virga Iesse, trascritto dal Graduale di Fontevraud (ms. Limoges 2, f. 509) con organum al grave.

Canto mariano Nitida stella, versione polifonica moderna per 4 voci pari su una melodia medievale.

Lauda rinascimentale Lodate Dio di G. Animuccia (1520-1571), per 3 voci pari.

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