La storia dei panini di san Giulio

La storia dei panini di san Giulio

Gennaio 31, 2021 |

FARINA, FRUTTA SECCA E FANTASIA
Le tre “f” dei panini di san Giulio

La vita monastica benedettina è fondata sui due pilastri della preghiera e del lavoro. I primi tempi della nostra fondazione non mancavano affatto di tanto lavoro per rendere agibili i locali in cui vivere, ma si rendeva necessario anche trovare un lavoro “vero”, cioè capace di procurarci qualche “introito”, tanto più che il Signore aggiungeva nuove sorelle alla nascente comunità. Tra le “aspiranti” benedettine non mancarono – come non mancano mai nelle nuove fondazioni – persone dotate di grande spirito di sacrificio, ma anche di una notevole inventiva. Di loro, infatti, il Signore si serve per rendere possibile l’impossibile. Tale “impossibile” per noi era rappresentato proprio dalla possibilità di un lavoro in sintonia con la spiritualità monastica e adatto al luogo, con le sue difficoltà di trasporto tra terra ferma e isola.
Fu così che una sera di gennaio dei primissimi anni due sorelle, ancora con il velo bianco, ricche di fantasia e di buona volontà si misero a dare uno sguardo alle provviste che avevamo in dispensa: c’era un po’ di farina bianca e un po’ di zucchero, frutta secca che un parente aveva donato con abbondanza, una bottiglia di marsala, qualche uovo. C’era quel che bastava…
Forse san Giulio si impietosì di noi e le nostre abili sorelle cominciarono a impastare un dolce. Non solo, l’indomani, giorno della festa del nostro Patrono si varò l’esperimento di esporre in portineria un cesto di tali panini. Erano stati cotti poche ore prima nel forno casalingo della cucina a gas. Nel freddo dell’inverno, quei dolci profumavano di cose buone, caserecce, e così nel giro di pochi minuti sparirono nelle mani dei pellegrini.
Erano nati – e subito battezzati – i Panini di San Giulio!
Da allora continuammo a impastarne e a cuocerne, precisandone la ricetta… con quanto la Provvidenza ci mandava. Una volta sfornati, i panini se ne andavano al di là del lago… senza difficoltà: quasi che san Giulio ci avesse prestato il suo mantello!
Solo in un secondo momento scoprimmo che per la festa di San Giulio esisteva la tradizione di offrire ai pellegrini dei paniculi che venivano anche benedetti. Senza saperlo, ci eravamo inserite nel solco delle generazioni.

Da allora continuò la distribuzione dei panini nel giorno della festa del Santo. Non solo, la confezione di tali dolci divenne una delle nostre principali attività, soprattutto nel periodo estivo, quando i turisti affollavano l’Isola.
L’incaricata “storica” di tale lavoro fu sr. Maria Rosaria, che non operava mai da sola, ma sempre in società con l’intero Paradiso. Si raccomandava a san Giuseppe perché procurasse gli ingredienti, a san Giulio, perché il tempo fosse buono e i panini si potessero vendere; inoltre impastava al ritmo delle Ave Maria del santo Rosario. Così, chi avrebbe mangiato i panini si trovava anche raggiunto da un’intensa preghiera per le sue necessità materiali e spirituali.
Questa modesta, ma efficace attività artigianale durò diversi anni, fino a quando uscirono delle normative che ci resero impossibile proseguirla. Ormai li produciamo soltanto – ma in grande quantità – in occasione della festa di San Giulio per offrirli ai pellegrini. A confezionarli ora sono le novizie. Durante i giorni della lavorazione, esse lasciano i loro consueti lavori e vivono ogni anno un bel “tempo di grazia”, che le aiuta ad entrare in una dolce tradizione della nostra comunità, oltre che a conoscersi e a collaborare, mettendo le mani nella stessa pasta!
Avvicinandosi la festa del Santo, ci è caro far memoria di questa attività, che ci riporta ai nostri “modesti inizi”. Di anno in anno la gioia si rinnova e il profumo si diffonde all’intorno.

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