Giovedì Santo: l’Amore a tavola

Giovedì Santo: l’Amore a tavola

Aprile 1, 2021 |

Questo è il giorno in cui Cristo si è dato totalmente, ha amato fino alla fine (Gv 13,1). In questo giorno la Chiesa vuole commemorare questo suo amore senza limiti: amore che si fa sacramento: Eucaristia; amore che si fa servizio: lavanda dei piedi; amore che si fa ministero: sacerdozio.

La celebrazione inizia portando in processione gli oli santi che nel mattino il Vescovo di ogni diocesi ha solennemente benedetto e consacrato nella Messa crismale. Questo indica che siamo una Chiesa sacramentale, perché i santi oli – olio degli infermi, olio dei catecumeni e santo Crisma – servono per le celebrazioni sacramentali.

Mi pare che la liturgia di questi giorni ci proponga il poema dell’Amore. Oggi, in questa “Messa in cena Domini”, ricordiamo l’Istituzione del grande sacramento dell’Eucaristia. Oggi celebriamo l’Amore a tavola. Guardando Gesù a tavola vediamo la sintesi delle molte volte in cui egli si è messo a mensa con i suoi discepoli e ha dato indicazione di come deve essere l’amore nel vivere insieme. Ma c’è in questa tavola del Giovedì Santo un qualche cosa di nuovo, come emerge dalla pagina evangelica: «Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine» (Gv 13,1). L’Amore a tavola oggi ci mette in un rapporto fondamentale con la morte; è l’ora di Cristo. Così la celebrazione del Giovedì Santo si collega intimamente con l’azione liturgica del Venerdì Santo: cena pasquale e morte sul Calvario sono un’unica realtà che dobbiamo contemplare alla luce della grande luce della Pasqua.

Se noi guardiamo al cenacolo, dobbiamo dire che tra i personaggi presenti ce n’è uno non invitato, non desiderato, un personaggio che ripugna tutto il nostro essere, anzi, i personaggi non invitati sono due: la morte e il diavolo. Ma Cristo si siede a tavola malgrado tali invitati; noi sentiamo il brivido. Durante quella cena Giuda si alza ed esce, per tornare poi a capo della schiera che avrebbe catturato Gesù. Il testo dice: «Ed era notte». Noi siamo riuniti per ricordare, anzi, per ri-evocare quell’ultima pasqua dell’antica Alleanza che diventa anche la nuova Pasqua: la Pasqua della nuova alleanza.

Le tre letture bibliche proposte dalla liturgia ci aiutano a contemplare e adorare con gli occhi del cuore il prodigio dell’ultima cena. La prima lettura (Es 12,1-8.11-14) è stata scelta per creare l’atmosfera, l’humus pasquale, in cui entriamo oggi, in un’unità totale con la notte pasquale dell’esodo; la seconda lettura (1Cor 11,23-26) presenta il passo più antico che conosciamo sull’Eucaristia. Essa comporta questo atto di consegna dell’uomo Gesù, Figlio di Dio, nelle mani di tutti gli uomini, nelle mani di noi cristiani, sempre peccatori, perché il suo corpo e il suo sangue diventino l’alimento per la vita eterna. Il testo sottolinea profondamente questo tradidit, Cristo consegnò, tramandò i misteri del suo Corpo e del suo Sangue.

Poi Gesù si alza da tavola, si toglie la veste e comincia a lavare i piedi ai discepoli. Dopo il commento al Vangelo, il sacerdote che presiede la celebrazione, lava i piedi a un gruppo di cristiani che rappresentano i dodici apostoli. È un rito evangelico, segno sacramentale di quello che ha fatto Cristo ai suoi discepoli; è un gesto profetico di quello che succederà il giorno seguente, un gesto che esprime un amore totale, un gesto concreto ed estremamente semplice che diventa il segno efficace di tutta l’opera della redenzione e simbolo del servizio concreto che il Signore ci chiede di scambiarci reciprocamente: «Vi ho dato un esempio, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi». Gesù pone a noi oggi una condizione precisa per essere servitori della sua tavola: quella del servizio vicendevole, di un amore efficace che trae possibilità e sorgente da lui stesso.

Quale è l’atteggiamento che oggi ci è chiesto? Io penso che la prima cosa che dobbiamo provare è lo stupore eucaristico e, accanto a questo stupore, la commozione dell’anima, come diceva Odo Casel. Oggi, infatti, ritorniamo nel cenacolo, partecipiamo all’ultima cena, per ri-accogliere dalla bocca di Cristo le ultime parole che ci aiutano ad amarlo, a seguirlo, a imitarlo.

di P. Juan Javier Flores Arcas osb

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