Deserto “Tempo favorevole”

Deserto “Tempo favorevole”

Febbraio 16, 2021 |

La Quaresima giunge ogni anno come un “tempo favorevole” per accogliere la grazia del Signore, invitandoci ad iniziare ancora una volta un cammino di conversione: un tempo di quaranta giorni da vivere insieme come tempo di ritorno a Dio. …Un dono che dovrebbe suscitare in noi un senso di riconoscenza e scuoterci dal nostro torpore.

La Quaresima giunge ogni anno come un “tempo favorevole” per accogliere la grazia del Signore, invitandoci ad iniziare ancora una volta un cammino di conversione: un tempo di quaranta giorni da vivere insieme come tempo di ritorno a Dio. Questa nuova opportunità che il Signore ci offre, non dobbiamo mai darla per scontata: è un dono che dovrebbe suscitare in noi un senso di riconoscenza e scuoterci dal nostro torpore.

Il termine Quaresima in genere suscita negli animi della gente di oggi un senso di disagio, richiamando alla mente quasi un senso di oppressione e il “dovere” di pratiche penitenziali e austerità per nulla allettanti. In realtà non dovremmo sentire questo periodo dell’anno come un peso, ma piuttosto come un’occasione e una possibilità straordinaria di salvezza, e quindi viverlo con generosità e santa gioia. La Quaresima è dunque una chiamata che presenta i tratti di un appello interiore.

Il lavoro interiore

Il lavoro interiore, che siamo chiamati a fare attraverso la preghiera, l’ascolto assiduo della Parola, la rinuncia e la condivisione, ha la stessa dinamica spirituale del lavoro nascosto che il seme affondato nella terra compie nel corso dell’inverno, per poter spuntare a primavera e poi germogliare e portare frutto a suo tempo. Il seme ha bisogno di un periodo nel quale, nel silenzio della nuda terra e nascostamente, possa morire a se stesso affinché dalla propria morte nasca una nuova vita. Così, i giorni della Quaresima sono i giorni nei quali il cristiano cerca di comprendere a fondo la parola del Vangelo, nella quale Gesù ha sintetizzato la sua stessa esperienza spirituale di morte e vita: “Se il seme, caduto a terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12,24). Perché la nostra morte si trasformi in Vita, dobbiamo accettare di morire con Cristo, di lasciar inchiodare alla croce il nostro “uomo vecchio” che sempre tenta di avere il sopravvento sull’ “uomo nuovo” generato in noi dal Battesimo.

In questi quaranta giorni siamo chiamati ad aggiungere quel plus che ci manca e a togliere quel superfluo che ci appesantisce. Proprio per questo è necessaria una continua vigilanza su di sé per non lasciarci – quasi inavvertitamente – guidare dallo spirito mondano e per sapere invece discernere in ogni circostanza, ciò che è gradito a Dio e ci rende partecipi della sua santità. «Siate vigilanti… – ci ammonisce l’apostolo Pietro – Come figli obbedienti, non conformatevi ai desideri di un tempo, quando eravate nell’ignoranza, ma ad immagine del Santo che vi ha chiamati, diventate santi anche voi in tutta la vostra condotta…»(cf. Pt 1,13-15).

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