San Benedetto, uomo di misericordia

San Benedetto, uomo di misericordia

Luglio 11, 2021 |

Nella Regola di san Benedetto tutto inizia dall’ascolto, dal tendere l’orecchio ad una parola che ci precede, che non diciamo noi.

Riflessione da Padre Mauro-Giuseppe Lepori

Tutto inizia dall’ascolto, e quindi dal silenzio. Il nostro cuore ha un orecchio, per lasciarsi creare e ricreare dalla Parola del Padre come “opera molto buona”, capace di accogliere il suo Spirito, di gioire in Lui, di amare con il suo amore.

Tutta la Regola propone un itinerario del cuore che, attraverso tutte le relazioni e le circostanze della vita – vissute con l’umiltà di ascoltare, obbedire, convertirsi, riconciliarsi – possa giungere a “dilatarsi” ad immagine del cuore mite ed umile di Cristo, o del cuore di Maria, meditativo e magnificante Dio

Il cuore dell’uomo cerca e trova Dio solo se accetta di fare un cammino di conversione che lo dilati sempre più ad accogliere il suo amore; un cammino che non dobbiamo inventare noi, perché il Figlio di Dio è venuto a proporcelo, a descrivercelo, a guidarci su di esso, a percorrerlo con noi.

La vocazione monastica è la chiamata a seguire Gesù in questo cammino che ci unisce sempre più profondamente a Lui per condurci al Padre come figli, fratelli e sorelle nell’amore dello Spirito Santo.

Benedetto ha lasciato Roma per ritirarsi a Subiaco dove ha iniziato un cammino ascetico molto esigente, attraverso il quale Dio lo ha purificato sempre più per diventare il padre monastico che ha generato anche noi. È dal suo eremo di Subiaco, dove habitavit secum – abitò con se stesso sotto lo sguardo del Creatore – che san Benedetto cominciò ad attirare discepoli e a fondare rapidamente ben dodici monasteri (S. Gregorio Magno, Dialoghi II,3). Questa fecondità paterna di san Benedetto, che da allora non si è mai esaurita, fu certamente frutto della sua ascesi, della sua solitudine, della sua lotta contro i vizi, fino al punto di gettarsi nudo nei rovi e nelle ortiche.

Ma san Gregorio fa precedere l’inizio della fecondità monastica di san Benedetto da un episodio che, secondo me, descrive la sua vera e definitiva maturità spirituale. È quando i monaci di Vicovaro, a cui era morto il superiore, lo supplicano di essere loro padre. San Benedetto cerca di rifiutare, perché sa che questi monaci non corrispondono alla sua osservanza rigorosa, ma alla fine cede alle loro insistenze. Poi i monaci di Vicovaro si pentono di averlo voluto per abate e arrivano ad odiarlo tanto da mettergli il veleno nel bicchiere di vino. Come sapete, san Benedetto fa il segno della Croce e il bicchiere si rompe. Come reagisce Benedetto a questo tentato omicidio? San Gregorio lo descrive così: «Si alzò all’istante e, con il volto affabile e animo tranquillo (vultu placido, mente tranquilla) convocò i monaci rivolgendo loro queste parole: «Dio onnipotente abbia misericordia di voi, fratelli (misereatur vestri, fratres, omnipotens Deus); perché avete voluto farmi questo?”» (Dialoghi II,3). “Dio onnipotente abbia misericordia di voi, fratelli”. È come la formula dell’assoluzione sacramentale. Benedetto reagisce al male, all’odio, alla persecuzione, con la misericordia di Dio, chiedendo a Dio il perdono dei suoi nemici, come Gesù in Croce: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34). Il suo volto è pacifico e il suo animo è tranquillo, segno che questa misericordia in lui è profonda, coincide col suo cuore. Il suo volto irradia una misericordia che ha pacificato il suo cuore. Benedetto chiede ai suoi nemici di essere coscienti del male che volevano fargli: “Perché avete voluto farmi questo?”, come quando Gesù ha chiesto alla guardia: “Perché mi percuoti?” (Gv 18,23). Desidera che anche loro si convertano liberamente alla misericordia, che si aprano coscientemente al perdono di Dio che egli implora su di loro. Ma nel suo cuore il perdono è perfetto, e li chiama “fratres – fratelli”. Lo sapete che nella Regola san Benedetto ci chiama 91 volte “fratelli” e 36 volte “monaci”? È indicativo di quanto la relazione fraterna sia fondamentale per lui. Per san Benedetto noi siamo “fratelli monaci”, “sorelle monache”, siamo chiamati a vivere la nostra consacrazione esclusiva a Dio, nostro Padre, attraverso la carità fraterna, e questa carità inizia dalla misericordia con cui ci perdoniamo. Nell’episodio di Vicovaro, Benedetto richiama i suoi peggiori nemici, quelli che volevano eliminarlo come padre, ad una fraternità ancora possibile, e lo fa offrendo loro la misericordia di Dio.

Padre perché misericordioso

Ecco, questa è la maturità spirituale e monastica profonda di san Benedetto. Ormai Benedetto è padre, e lo è perché è misericordioso, “misericordioso come Dio Padre” (cfr. Lc 6,36). Ed è questo padre misericordioso come Dio che troviamo all’inizio della Regola.

La Regola è il cammino di vita e conversione in cui un pius pater, un padre misericordioso, ci fa da maestro, ci istruisce e guida a vivere con pienezza la nostra vita cristiana e monastica.

Per questo, la misericordia può essere veramente una chiave di lettura per capire e seguire il cammino della nostra vocazione, che non è altro che un approfondimento della vocazione cristiana di tutti. Un approfondimento che ci è offerto anzitutto perché siamo più fragili degli altri, ma anche per essere testimoni di come la misericordia di Dio in Cristo può veramente salvare e rigenerare la vita umana in tutti i suoi aspetti. Come quando il figliol prodigo torna a casa, il perdono del padre misericordioso non è stato solo l’abbraccio e la festa di un giorno, ma un’esperienza da vivere ogni giorno e da lasciar fruttificare nei rapporti, nel lavoro e nel riposo, nel mangiare e nel bere, nelle gioie e fatiche di ogni giorno. Ho fatto notare spesso che l’inizio della Regola di san Benedetto mette in scena il ritorno a casa del figliol prodigo del Vangelo di Luca. Tutta la Regola è scritta per aiutare questo figlio perduto e ritrovato a vivere nella casa del Padre buono, con i suoi fratelli, per rinascere alla vita filiale tradita e che il Padre gli ridona gratuitamente, in abbondanza.

Il compito della nostra vocazione è di imparare ad abitare nella casa del Signore, nella quale siamo invitati a convertirci dalla morte del peccato alla vita filiale. Il peccato ci conduce alla morte, ma Dio non vuole che moriamo. Dio è Padre e vuole la nostra vita. Questa è la misericordia di Dio. Ma la vita significa conversione, passare dalla morte alla vita, dalla morte del peccato alla vita a cui ci genera Dio stesso, che è la vita di figli e figlie di Dio in Cristo. Che ci sia offerta questa conversione, è segno della misericordia di Dio. Dio ci ama con misericordia offrendoci un cammino di conversione per diventare misericordiosi come Lui. E questo cammino si svolge per noi nella comunità, nel monastero.

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