Perché non lasciarci consolare dalla bellezza?
Agosto 1, 2021 |
Con l’arrivo dell’estate è normale cercare un altrove in cui andare, sembra quasi che la routine del quotidiano diventi stretta. Si accendono in cuore tanti desideri.
Primo fra tutti quello di trovare il modo di riposarsi davvero. Forse più di un riposo fisico, dopo i lunghi periodi di grandi sofferenze e forzati lockdown, mi sembra che abbiamo bisogno di consolazione, di elevare lo sguardo per guardare ogni cosa con speranza e rinnovata fiducia. E perché non lasciarci consolare dalla bellezza? Non vi è nulla di più multiforme della bellezza. La si può incontrare ascoltando musica, godendo dell’armonia dei colori, leggendo un testo ben scritto, o semplicemente delle poesie, oppure lasciandosi cullare dallo sciabordio delle acque, dal vento o dalla pioggia insistente che sembra funestare la nostra estate.
Viviamo in luoghi conosciuti anche all’estero per la loro suggestività. Si va dalle grandi pianure della bassa con i suoi corsi di acque alle vette sublimi delle Alpi, dai grandi laghi prealpini, famosi per i loro giardini, a quelli piccoli che punteggiano le nostre valli. Non si tratta di fare propaganda turistica. Mi sembra semplicemente importante fermarsi e aprire gli occhi su quanto ci circonda, senza rincorrere scenari insoliti e lontani che ci farebbero ripiombare nel chiasso e nella frenesia. Come non ricordare in proposito la nota affermazione di Martin Buber che ci può illuminare: «C’è una cosa che si può trovare in un unico luogo al mondo, è un grande tesoro, lo si può chiamare il compimento dell’esistenza. E il luogo in cui si trova questo tesoro è il luogo in cui ci si trova» (Il cammino dell’uomo, Qiqajon, 1990, p. 59).
La bellezza sa consolare perché ci parla della meravigliosa presenza di Dio che ci stupisce con la sua sapiente fantasia, tanto nel più piccolo insetto che nel più grandioso arcobaleno.
Forse quello che abbiamo bisogno di ritrovare è lo sguardo del cuore e il silenzio che ci permette di accorgerci che possiamo anche fermarci, distogliendoci dai nostri smartphone, per accorgerci che Qualcuno da tutta l’eternità ha permesso che il nostro occhio in una sera piena di stelle ne accompagnasse una nella sua veloce parabola.
Il silenzio, la calma, il canto degli uccelli, il dondolio del vento a poco a poco possono medicare le ferite del dolore, perché aiutano a rompere il nostro isolamento trasformandolo in gioiosa presenza a chi ci è Presente e che solo può donarci la pace, la sua Pace, e farci pregustare «Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, preparate per coloro che amano Dio» (cf. 1Cor 2,9).
«Fermatevi! Sappiate che io sono Dio» (Sal 46,11), dice il versetto di un salmo. Nella nostra concitata esistenza com’è importante proprio il fermarci a riflettere, e il tempo dell’estate ce ne offre la possibilità. Non dobbiamo infatti dimenticare troppo in fretta quello che i giorni del dolore ci hanno insegnato. Facciamo tesoro di quanto abbiamo allora scoperto. Nulla è scontato. Anche solo poter respirare è un dono, e ben lo sanno quanti sono stati chiusi nella morsa del soffocamento e sono stati intubati.
Nulla ci è dovuto: viviamo in un dono gratuito continuamente rinnovato. Allora facciamo sgorgare dal cuore un canto di riconoscenza per quanto riceviamo ad ogni istante, dalla vita alla salute, agli affetti più cari. La preghiera di lode e di ringraziamento ci rende più umani. La bellezza del creato, il ritmo più pacato dei nostri impegni in questa stagione estiva possono introdurci alla sapiente scuola dove impariamo a sillabare la lode, traducendola in preghiera.
Elevare un continuo rendimento di grazie dilata il nostro cuore e ci fa più consapevoli di essere figli amati. L’orizzonte del nostro vivere, infatti, non è il buio di una tomba perché la morte non è fine ma principio, è immersione nella luce di un amore che ci ha pensati e voluti da sempre e per sempre.
Madre Maria Grazia Girolimetto osb