La vita di ognuno è un’attesa
Novembre 28, 2021 |
Il mistero di Cristo viene di nuovo proposto agli occhi del nostro cuore dalla sapiente pedagogia della Chiesa.
L’Avvento ci invita a riscoprire la dimensione di un’attesa che non delude. La sola che può colmarci.
Avevamo sperato, finito il lockdown, di riprendere la “nostra” vita secondo i suoi ritmi, ma si nota nell’aria uno scontento, una diffusa delusione che rende amari, desiderosi di attaccarci a tutto per manifestare il nostro disagio, come se fosse stata ordita una universale congiura contro la nostra libertà e contro la nostra felicità. Non si può rimanere indifferenti quando ci si ritrova ad affrontare problemi che risultano ogni volta ancora più complessi, per non dire insolubili. Pensiamo ai disastri dovuti al surriscaldamento del pianeta e soprattutto alle migliaia di persone che affollano le frontiere in cerca di una vita più umana e che non trovano accoglienza. C’è da rimanerne… schiacciati.
A noi che cosa è chiesto? Che cosa possiamo fare? Possiamo e dobbiamo coltivare in noi il desiderio del bene. Vengono alla mente, nella loro sorprendente attualità, le parole sapienti di un umile e audace “profeta” del nostro tempo, don Primo Mazzolari: «La vita di ognuno è un’attesa. Il presente non basta a nessuno… In un primo momento, pare che ci manchi solo qualcosa: più tardi, ci si accorge che ci manca Qualcuno. E lo attendiamo».
Abbiamo ancora bisogno di riscoprire che quello che ci manca è proprio Cristo. Lo affermava già sant’Ambrogio: «Tutto è Cristo per noi. Se tu vuoi curare le tue ferite, egli è medico. Se sei ardente di febbre, egli è fontana. Se sei oppresso dall’iniquità, egli è giustizia. Se hai bisogno di aiuto, egli è vigore. Se temi la morte, egli è vita. Se desideri il cielo, egli è la via. Se rifuggi dalle tenebre, egli è la luce. Se cerchi cibo, egli è alimento». Gli faceva eco san Paolo VI con la vibrante affermazione: «Tu ci sei necessario, o Cristo, o Signore, o Dio-con-noi, per imparare l’amore vero e per camminare nella gioia e nella forza della tua carità, lungo il cammino della nostra vita faticosa, fino all’incontro finale con te amato, con te atteso, con te benedetto nei secoli».
Dio solo può colmare la nostra povertà più vera, e lo fa – paradossalmente – venendo anche lui come un povero. Ed eccoci ad attendere la sua venuta fra noi. Egli non si stanca di sorprenderci presentandosi come “l’impossibile Bambino”. Chi avrebbe immaginato di trovare il Messia atteso dalle genti come un bimbo coperto di povere fasce in un rifugio per animali?
Eppure anche oggi, accanto alla culla del neonato re del cielo e della terra, troviamo Giuseppe, il fedele custode del mistero, e Maria, la madre dagli occhi misericordiosi. Sono loro che ancora ci invitano alla speranza, alla fede, capace di scorgere, al di là dei poveri segni, il volto sconosciuto dell’Amore. Cantano i cori angelici e un angelo annuncia ai pastori: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia che sarà di tutto il popolo» (cf. Lc 2,10).
E come non concludere, se non riprendendo ancora le calde parole di don Primo: «Egli viene. E con lui che viene, viene la gioia. Se lo vuoi ti è vicino: anche se non lo vuoi ti è vicino. Ti parla anche se non gli parli: se non l’ami, egli ti ama ancora di più. Se ti perdi, viene a cercarti: se non sai camminare, ti porta. Se tu piangi, sei beato per lui che ti consola: se sei povero, hai assicurato il regno dei Cieli. Se hai fame e sete di giustizia, sei saziato: se perseguitato per causa di giustizia, puoi rallegrarti ed esultare. Così, attraverso un bambino che non ha niente, entra nel mondo la gioia».
M. Maria Grazia Girolimetto osb