La gioia cristiana
Marzo 14, 2021 |
Il tema della gioia è uno dei temi capitali dell’esperienza cristiana ed è uno dei temi che riempie tutta la Bibbia. Basta semplicemente pensare a che cosa vuol dire “vangelo”. Vangelo è il buon annuncio, l’annuncio cioè dell’evento della gioia.
È certo che il cristiano deve prestare una grande attenzione alla lettura della Parola di Dio e considerarla parte essenziale della sua giornata. Una cosa che ogni cristiano può fare, che indubbiamente non è gravosa per nessuno e che si trova sempre il tempo di fare, è quella di leggersi il Vangelo della giornata la sera precedente, prima d’addormentarsi, rileggerlo al mattino, quando ci si sveglia, e rileggerlo ancora un’altra volta nella giornata. Così, senza che noi ce ne accorgiamo, la giornata viene immessa continuamente nel ciclo del Vangelo e influenzata in modo diretto dalla lettura della Parola. La nostra vita, senza che noi ce ne accorgiamo, per la forza di questa Parola riempita viene di tutta la grazia di Dio, diventa progressivamente una vita evangelica. È un modo semplice di evangelizzare se stessi. Perché non farlo?
La Parola di Dio comunica la gioia di Dio, una gioia resa anche a noi possibile grazie all’incarnazione: il Cristo si è fatto uomo, Iddio è entrato nella storia dell’uomo. Il Figlio eterno del Padre si è assunto la nostra umanità e in essa prova la tristezza fino alla morte e prova la gioia per il riscatto dell’uomo, operato da Lui nella sua Croce. E la gioia è la soddisfazione perfetta del Padre che nel Figlio si compiace, e esulta di una gioia nuova nel ritrovamento della creatura perduta.
La gioia irrompe nel dramma della storia
Ecco la gioia di Dio e la gioia del Cristo.
Su questa gioia si fonda tutto il discorso della gioia cristiana (Giuseppe Dossetti).
Il tema della gioia è uno dei temi capitali dell’esperienza cristiana ed è uno dei temi che riempie tutta la Bibbia. Basta semplicemente pensare a che cosa vuol dire “vangelo”. Vangelo è il buon annuncio, l’annuncio cioè dell’evento della gioia.
È “vangelo” l’annuncio dato ad un papà che gli è nato un figlio o una figlia; è vangelo l’annuncio dato dall’araldo di una vittoria che si è compiuta; è vangelo l’annuncio della liberazione dei prigionieri. “Vangelo” è quindi un annuncio di gioia e, di fatto, il Vangelo ha meritato questo nome perché inizia e si chiude con la proclamazione della gioia.
Pensiamo al Vangelo di Luca: comincia con l’annuncio della grande gioia che proverà Zaccaria («e sarà per te gioia ed esultanza»), poi passa immediatamente all’annuncio della gioia alla Madonna (Gioisci, o piena di grazia); prosegue con il grande annuncio della gioia ai pastori (che sarà per tutto il popolo, dicono gli angeli) e si chiude con i ripetuti annunci di gioia dati dal Cristo risorto, che, incontrando le donne dice: Gioite! Ancora è sigillato con i discepoli che ritornano pieni di gioia dal monte, dove hanno visto salire al cielo Gesù.
Dunque il Vangelo è tutto incluso nell’annuncio della gioia; dall’inizio sino alla fine tutto il suo contenuto è contenuto di gioia, perché tutto – non soltanto questa o quella parte – si chiama evangelo.
È tanto vero questo che, mi si consenta questa parentesi, quando un discorso che si pretenda cristiano non contenga abbastanza facilmente evidenziata, abbastanza chiaramente in rilievo, l’elemento della gioia, dal punto di vista cristiano è un discorso che si squalifica perché non è evangelo: «E qui dov’è il vangelo?», dobbiamo dirci. Sono molti appunto i discorsi – e non solo i discorsi, ma anche le azioni e i sentimenti – che non sono cristiani perché non sono evangelici, non sono secondo ciò che la parola vuol dire, nel suo significato più profondo e più serio: non sono annunci di gioia. Uno dei criteri in base ai quali dobbiamo esaminarci è proprio questo: se siamo o no evangelici.
Ma occorre, con poche parole, una premessa sul contesto nel quale si pone questo annuncio evangelico della gioia. È un contesto molto singolare, costituito da un realismo direi addirittura violento di dichiarazione dell’infelicità, dell’angoscia, del male. Le prospettive di un mondo migliore, fondate sulla fede nell’uomo, non ci sono nell’Evangelo. No, l’uomo non possiede né la gioia né i suoi motivi: la Scrittura è durissima in questo. L’uomo è malato: non c’è solo Giobbe…; la Parola di Dio rivela il nostro mistero: l’angoscia.
Poi c’è la morte; la morte che è considerata nella Scrittura come una realtà drammatica. Si dice spesso oggi: «Ma non farci caso, non pensarci!». Non è bene! L’attesa della morte, di quella propria e degli altri, riempie l’uomo di angoscia. È uno strazio, è uno schianto.
Poi, ancora, c’è la società che imbroglia: «Violenza e discordia nella città» (Sal 55,10), dice il Salmista.
Infine c’è qualche cosa che è al di là di ogni analisi sociale o psicologica: il peccato. È proprio perché la Bibbia sente e crede l’uomo come immagine di Dio che ha la percezione innegabile del peccato che dilaga nell’universo e ha radici profonde nel cuore dell’uomo. Del peccato nessuno può dirsi esente, s’attacca all’essere dell’uomo e fa parte costitutiva della sua stessa natura; aderisce alla carne e aderisce alle ossa. È il diavolo, l’avversario, che da ogni parte circonda, insidia e accusa.
È una visione terribile della storia, che noi non dobbiamo saltare, parlando della gioia cristiana; non possiamo ignorare questa promessa, perché la realtà dell’uomo è in questo contesto di tenebra, ed è in questa tenebra che brilla la luce, è in questo silenzio di morte che risuona il grido: «Gioite!» (Mt 28, 9).
L’annuncio di gioia del cristianesimo, si pone sullo sfondo di questa considerazione estremamente realistica dell’uomo. La gioia cristiana è essenzialmente basata su un nonostante, su un eppure, su un ma. È questo ma che dà la forza al messaggio cristiano.
È all’interno di questa prospettiva e sullo sfondo di questa realtà che c’è questo grande annuncio di gioia: il Rallégrati, detto alla Vergine; il Gioite detto ai pastori nella Notte santa e alle donne nel mattino della Risurrezione.
Sullo sfondo di una realtà incapace di redimere se stessa irrompe la Vita (Umberto Neri).
Qualcosa di nuovo è accaduto. Che cos’è quell’evento che provoca il grande grido di gioia, e di una gioia che nessuno è più in grado di rapire o di spegnere, che è un fuoco che divampa e nessuno può soffocare?