La sinfonia della santità
Maggio 23, 2021 |
Come le note musicali, formano una melodia soltanto quando il genio di un musicista le mette in accordo tra di loro, così anche i sette doni dello Spirito Santo, che guidano il cammino spirituale dell’uomo, devono agire in accordo, tutti insieme per creare la sinfonia della santità.
Anna Maria Cànopi
La cosa più importante è perciò la docilità alle ispirazioni dello Spirito, il grande Musicista, e lasciare che egli componga in noi il poema musicale del divino Amore.
È proprio la carità di Dio che, riversandosi nei nostri cuori, ne guarisce le segrete ferite e vi opera il duplice miracolo di unificarci in noi stessi e di armonizzarci con gli altri. Infatti la composizione musicale fluisce in tutta la sua bellezza quando non vi sono disarmonie e stonature.
I doni dello Spirito Santo sono il corredo della vita cristiana e, insieme con le virtù teologali e cardinali, fanno maturare frutti di vita santa. Essi ci sono dati proprio per la santità, per aiutarci a restaurare in noi l’originaria somiglianza con Dio, conformandoci a Cristo, splendore della gloria del Padre. Poiché hanno la fondamentale caratteristica di essere dati a ciascuno in quanto membro della Chiesa, non è possibile viverli e goderli indipendentemente dagli altri; soltanto nella Chiesa si fa esperienza vera dello Spirito Santo che è Amore e crea comunione. Come scriveva sant’Ireneo all’inizio del cristianesimo:
«Dove è la Chiesa vi è lo Spirito di Dio; e dove è lo Spirito di Dio, là vi è la Chiesa e ogni grazia».
Si vive però realmente e concretamente questo mistero della comunione d’amore – ossia si è portatori dello Spirito – solo se si accetta di essere al tempo stesso portatori della croce, ossia portatori dei fratelli, portatori gli uni degli altri, secondo l’esortazione di san Paolo: «Portate i pesi gli uni degli altri» (Gal 5,2), sull’esempio di Gesù che, quale buon Pastore, si è fatto carico di tutti noi.
Questo è dunque il punto capitale: quello che conta è la carità, cioè l’apertura della fede che si rende operosa nel bene, sorretta da sicura speranza. E questo l’atteggiamento che – come ancora dice san Paolo scrivendo ai Galati – ci fa superare la legge antica, ci fa uscire dal formalismo, ci fa andare oltre il semplice dovere e ci fa abbracciare la logica – paradossale – del puro dono, dono accolto e gratuitamente restituito nell’offerta di sé: «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (Mt 10,8).
Camminare secondo lo Spirito significa rinunziare a tutto quello che ancora ci lega alla “carne”, nel senso negativo del termine, vale a dire l’egoismo e le varie passioni disordinate. L’uomo vecchio – l’uomo ripiegato su se stesso – è idolatra, ha desideri contrari allo Spirito, e lo Spirito ha desideri contrari alla carne: «Queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste» (Gal 5,17).
San Paolo nomina ad una ad una le opere della “carne”, dell’uomo vecchio: fornicazione, impurità, dissolutezze, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordie, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere… E un elenco impressionante che forma un paesaggio cupo, i cui sentieri sono irti e spinosi, praticabili solo con grande fatica, ma se sappiamo superarci – è infatti un paesaggio interiore, sono gli abissi dell’anima – allora si apre davanti al nostro sguardo un orizzonte sereno, bello, luminoso. Infatti: «Il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé» (Gal 5,22).
Chi mette in atto queste virtù è libero dalla legge della carne e quindi supera lo scoglio della schiavitù del male. L’Apostolo continua dicendo: «Quelli che sono di Cristo hanno crocifisso la carne con le sue passioni, i suoi desideri» (v. 24), hanno crocifisso l’uomo vecchio, l’uomo che pensa in un modo puramente naturale, istintivo, andando dietro alle proprie inclinazioni… come una palla in discesa! L’uomo spirituale, invece, è unificato dallo Spirito e, come una fiamma, tende verso l’alto.
Elevarsi verso l’alto o scivolare in basso dipende da noi: «Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato. Chi semina nella sua carne, dalla carne raccoglierà corruzione; chi semina nello Spirito, dallo Spirito raccoglierà vita eterna. E non stanchiamoci di fare il bene; se infatti non desistiamo, a suo tempo mieteremo» (Gal 6,7-9).
A suo tempo: è una precisazione importante. Quanto è importante la pazienza nella vita spirituale! Molto spesso siamo invece impazienti; vorremmo sentirci subito liberi, contenti, leggeri, senza fare fatica; siamo – diceva un monaco del Monte Athos – «come uno che pianta una vite oggi, e domani vuole bere il suo vino!»20. Bisogna, invece, accettare di fare fatica, di essere “portatori della croce”, per essere anche portatori dello Spirito. E il segno della presenza dello Spirito Santo è proprio l’amore, la carità fraterna, l’unione, quindi la gioia che abita nei cuori semplici e puri.
A questo proposito si potrebbero ricordare molti santi; ecco l’esempio di una santa monaca benedettina del nostro tempo, Fortunata Viti. Fin da bambina aveva fatto in famiglia l’esperienza della sofferenza, della fatica, dell’abnegazione; entrata in monastero, non ebbe nessuna pretesa. Non aveva potuto studiare, ma era pienamente dotata di intelligenza spirituale.
Al momento del suo ingresso l’abbadessa le aveva chiesto che cosa sapesse fare e lei, umilmente: «Cucire, pulire, lavare, stirare; sono solita fare soltanto questi lavoretti casalinghi». Non erano cose da nulla! Quante meraviglie uscirono invece dalle mani della beata Fortunata Viti, proprio perché nel lavoro che faceva metteva il suo cuore umile, semplice e buono! Ha servito la comunità con amore e ha dato tanti frutti di grazia.
Chi vuole essere riempito di Spirito Santo, per portare i frutti dello Spirito, deve cominciare dal rinunziare in tutto al mondo, quel mondo di passioni e di idoli che ciascuno porta dentro di sé. Occorre farsi violenza per passare attraverso la “porta stretta”. Un antico monaco, consapevole
della difficoltà dell’impresa e dello scoraggiamento che può facilmente sopraggiungere, offre questo suggerimento pratico, che sembra paradossale, ma è certamente fecondo: «Ci si deve costringere alla carità, pur non avendo carità; costringersi alla mitezza, pur non avendo mitezza; costringersi ad avere un cuore compassionevole e misericordioso, costringersi ad essere paziente e a non adirarsi, costringersi alla preghiera, pur non possedendo preghiera spirituale e forse neanche la voglia di pregare»21. E qual è il frutto di questa violenza a se stessi? «E così – continua il monaco – Dio vedendolo lottare in questo modo gli dona la vera preghiera spirituale, gli dona la vera carità, la vera mitezza, viscere di misericordia, la vera bontà e, in una parola, lo colma dei frutti dello Spirito»22.
Il cammino della santità – è questo, in sintesi, il frutto dello Spirito (cf. Gal 5,22) – è un lavoro, una fatica da assumere con fortezza, senza venire meno sotto l’impressione di non avere nessuno risultato. Il tentatore, infatti, cerca proprio di far desistere dal fare il bene attraverso lo scoraggiamento. Il nemico insinua che è inutile sforzarsi. Ma non è vero: non è inutile sforzarsi, perché il Signore apprezza anche il più piccolo sforzo; nello sforzarci, poi, ci si tempra e si diventa più robusti in modo che si può anche sostenere altri. Non bisogna mai pensare: «Non ce la faccio». Non siamo noi che dobbiamo “farcela”, ma dobbiamo lasciar fare a Dio, affidandoci a lui.
Grazie a questo cammino di sincera umiltà e di fiduciosa preghiera, il cuore si dilata in un amore che abbraccia Dio e i fratelli. Non sarebbe, infatti, autentico un amore a Dio che dimenticasse il prossimo. L’atteggiamento proprio del cristiano è quello del servizio. Il grande Regista è lo Spirito Santo; noi, al suo servizio, sotto la sua ispirazione, dobbiamo far vibrare in noi tutte le note – tutte le, virtù – per dar vita alla sinfonia d’amore, che comincia a risuonare qui in terra e si compirà in cielo.
Un’altra bella immagine biblica è quella che vede la Chiesa come una vigna, dove tutti insieme siamo chiamati al lavoro e tutti insieme facciamo vendemmia cantando. La fatica c’è, ma più grande è la gioia, perché ciascuno può contare sugli altri e ciascuno è disponibile agli altri. Tutti si è al servizio del bene; tutto è in vista di diventare grappoli maturi, alberi carichi di frutti. E come l’albero non produce il frutto per sé, ma per darlo, così ognuno di noi produce il frutto e lo offre, offrendo la propria vita; nello stesso tempo riceve, per vivere, i frutti degli altri. Questo è il bel mistero della comunione dei santi.
Quando si passa vicino ad un frutteto o ad una vigna nel tempo in cui i frutti sono maturi, tutt’intorno se ne sente il profumo; così dovrebbe essere per la comunità ecclesiale: accostandola, si dovrebbe sentire il profumo della Chiesa, il buon profumo di Cristo, il profumo di tutte le virtù che lo Spirito Santo fa fruttificare.
Preghiamo per questo ricorrendo all’intercessione di Maria e di tutti i santi, i più umili, i più semplici, perché l’umiltà è la salvaguardia di tutte le virtù e fa davvero camminare sotto la guida dello Spirito Santo.
Signore nostro Dio,
inviandoci il tuo Spirito
tu hai profuso in noi
la fragranza del tuo amore;
coltivaci come alberi fruttiferi,
che danno frutti in ogni stagione.
Non ci sgomentino le nostre debolezze
e le necessarie potature
che tu devi operare per mondarci
e farci produrre frutti più abbondanti.
Fa’ della nostra vita
una gioiosa testimonianza
della fecondità della tua grazia,
dell’onnipotenza del tuo amore
che continuamente crea e rinnova
il nostro cuore e tutte le cose.
Per Cristo nostro Signore.
Amen.
da: Anna Maria Cànopi – Nel fuoco dello Spirito – pp. 75-81